L’anatra si sente inseguita da una presenza: è la Morte, con tanto di testa (enorme) a teschio e con in mano un tulipano nero.
La Morte però non è un essere oscuro ma è piuttosto a una gentile vecchietta in pantofole e vestito a quadri. Non ha neppure i denti: il suo teschio sembra quello degli anziani e dei neonati. E non ha intenzione di “portar via” l’anatra: vuole solo “accompagnarla”.
L’anatra è un’anima semplice, socievole: dopo un primo momento di terrore non può fare a meno di essere amichevole con la Morte. Così la invita a nuotare al laghetto, sull’albero, a dormire vicine per scaldarsi: tutte le cose che rendono piena ed “eccitante” la vita di un’anatra.
In tutto questo la Morte è accondiscendente, curiosa, quasi divertita.
Una morte con un certo humor, che non ama l’umidità del laghetto, come una vecchietta, che parla della fine, senza spiegare nulla, perché “parlare della morte le riusciva facile”.
Anatra e Morte vanno sempre più di rado allo stagno. Stanno assieme, parlando poco.
In una notte fredda l’anatra muore.
La Morte l’adagia delicatamente nel fiume, con il tulipano, e la guarda andar via.
“Quando la perse di vista la Morte quasi si rattristò.
Ma così era la vita.”