IL LICU TOUR
di Vittorio Moroni e Marco Piccarreda

Il cimitero ci dà il benvenuto dal punto più alto della collina, lì dove si intuisce l’ingresso del centro abitato di Casalcalenda.
Ci arriviamo da Termoli dopo avere attraversato mezzo Molise, viaggiando per un lungo tratto a decine di metri sopra il bacino di una diga grande come una regione. Una strada stupefacente che si snoda come una biscia tra le colline arrostite dall’estate.
Il nostro camper, il simbolo della nostra piccola distribuzione, motore Ford Transit 1980 con carena Arca Scout verde oliva, tappezzato di locandine, scritte e manifesti, sembra arrivato al capolinea. Fuma e ondeggia sotto lo sforzo della salita troppo ripida.
Le poche spie funzionanti del cruscotto si accendono tutte in una volta mentre mezzo paese si ferma a guardarci passare come se portassimo la madonna a spalla.
Abbassiamo il finestrino davanti ai volti rugosi di una coppia di vecchie e chiediamo indicazioni per arrivare al cinema.

Ci guardano con un misto di curiosità e sospetto e se ne restano zitte. “Cinema non ce ne stanno”, aggiungono dopo un po’. Il tono è definitivo. S.Agapito. Pontedera. S.Miniato e ora Casacalenda.
Tutte località in cui non eravamo mai stati e dove difficilmente avremmo deciso di andare.
Invece qui, come quasi ogni sera, abbiamo una data, un appuntamento con un pubblico appassionato e curioso che viene ad accogliere noi e il nostro film “Le ferie di Licu”, lungo la traiettoria di questa strana tourneè, cominciata un mese fa che abbiamo battezzato Licu Tour.
Io, Vittorio Moroni, che di questo film sono il regista e Marco Piccarreda, che ne è il montatore (insieme lo abbiamo prodotto e ora lo stiamo distribuendo), ogni notte, al termine della proiezione, restiamo a parlare con il pubblico che rimane a fare domande e commenti. E per ringraziarlo doniamo un pezzo del film: un fotogramma tagliato dalla pellicola positiva 35mm.
Ed è alla fine di tutto, nel cuore della notte, che Stefano Mancini, vero motore immobile della nostra distribuzione itinerante, ci telefona da Milano per segnalarci la rotta della tappa successiva.
Così ci mettiamo in marcia, quando le strade sono ancora vuote e silenziose, talvolta trasportando direttamente la copia del film.
Il giorno successivo scopriamo paesaggi sconosciuti, un’ Italia profonda di ritmi e abitudini tanto lontane da quelle metropolitane a cui siamo abituati da apparirci esotici. E la sera, di nuovo, ci sorprendiamo ad ascoltare reazioni inaspettate, pensieri diversi. Sfumature, accenti, durate degli sguardi…


“Le ferie di Licu”, così come “Tu devi essere il lupo” (il mio primo film) lo abbiamo distribuito da soli, chiedendo alle persone di investire denaro e lavoro nel progetto, e chiedendo agli spettatori di difendere il film (acquistando in anticipo i biglietti e facendo, se convinti dal film, un convinto passaparola). Abbiamo scoperto che in Italia (in tutta Italia) c’è un pubblico straordinario, attento, capace di sorvegliare le brecce impreviste nella grande muraglia della censura di mercato e ospitare i piccoli fuggiaschi e proteggerli.
Inoltre abbiamo avuto conferma che chi vede un film in sala fa un’esperienza diversa da chi vede lo stesso? film In tv, in dvd, su internet…
Per questo, in un tempo in cui i film escono direttamente in home video, abbiamo scelto di valorizzare quel momento magico in cui delle persone si incontrano al buio, accettano di spegnere i propri cellulari e di dedicare un’ora e mezza della propria concentrazione alla visione e all’ascolto di una pellicola.
Lo abbiamo fatto perché ci pare di avere, con  quel pubblico, qualcosa in comune: un’ostinazione piena di affetto per il cinema.
E così eccoci qua. Stasera un po’ più spaesati del solito e in ritardo.
Facciamo per rimettere in moto il camper quando una delle due vecchie si fa sotto il finestrino.
“-Ah, il cinematografo!” Annuiamo all’unisono. Ci fa segno con la mano di proseguire dritto e girare in fondo alla via. La benediciamo coi nostri grazie, ci rimettiamo in marcia e poco più avanti, dietro una curva a gomito, capiamo che siamo arrivati: un telone bianco tirato in mezzo alla piazza gonfiato dai colpi del vento, il proiettore nascosto sotto un panno, la piazza cosparsa di sedie vuote che aspettano il buio.
Qualche volta ci domandano se ne vale la pena: tante energie, tanto tempo ad accompagnare un film già finito.
Rispondiamo che nella nostra vita faremo pochi film, ma conosceremo quasi tutti gli spettatori che li vedono.
Ci sembra che si, ne vale la pena.